L’ufficio flessibile

Una parola che mi è sempre poco piaciuta è “Flessibilità”. In particolar modo quando riferita ad un layout architettonico.

Un layout cosiddetto flessibile è necessariamente un compromesso tra le varie esigenze prevedibili e questo comporta due tipi di problemi.
Il primo è che, con buona probabilità, non soddisfa appieno nessuna delle varie esigenze. Il secondo è che comunque, nel tempo, le esigenze variano in maniera diversa da come si potesse prevedere al momento della progettazione.
Anni fa i venditori di pareti “mobili” vantavano la bontà della loro soluzione in virtù del fatto che, con poco tempo e costi, queste permettessero di riconfigurare gli spazi adeguandoli a mutate esigenze.
Si è poi scoperto che ogni qualvolta si volesse provare a modificare in questo modo i layout, le stesse pareti risultavano carenti di parti, pezzi speciali, etc. e che un adeguamento sarebbe stato molto oneroso oltre che a volte impossibile perché i pezzi erano fuori produzione, i colori erano cambiati, etc.
Per non parlare di pavimenti, soffitti, etc.
Noi, tra i primi, convincemmo tanti ad usare semplici pareti in cartongesso tinteggiate. Pareti poco costose e che nel momento della riconfigurazione venivano demolite e portate a discarica senza particolari patemi d’animo.

Ma l’ufficio, in quanto spazio di supporto all’attività lavorativa, ha comunque bisogno di un certo grado di flessibilità.
Deve essere una “macchina” efficiente. Non deve diventare un vincolo alla capacità di modificarsi e crescere che una organizzazione lavorativa richiede.
Le persone devono potersi ricollocare. Creare nuovi gruppi di lavoro, anche nel brevissimo periodo. Utilizzare tecnologie nuove. E tutto questo definendo, per ragioni psicologiche e comportamentali innanzitutto, uno spazio di appartenenza.

Ora, se è vero che la configurazione dello spazio è proprio il campo di indagine e di attività dell’architetto. E che partizioni (orizzontali e verticali), luce, suono, etc. sono i suoi “attrezzi”.
E’ anche vero che considerare lo spazio senza considerarne la fruizione, ovvero senza considerare i fruitori, è un esercizio sterile.

Nasce da queste considerazioni una strategia innovativa di definizione degli spazi ufficio. Una strategia che possiamo definire “Agile” (con pronuncia inglese), che partendo dall’individuo ne definisce metodi di aggregazione, funzioni lavorative, anche temporanee e variabili nell’arco della stessa giornata, e quindi necessità e configurazione di spazi ed accessori.

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